Con gli occhi colmi della meravigliosa esperienza appena conclusa sul cratere del Bromo torniamo a Cemoro Lawang dove ci attende una ricca colazione a base di noodles bollenti che, dopo tutto il freddo patito questa notte, sono come una benedizione.
Lo spostamento di oggi richiede circa 7 ore di pullman. Partiamo in tarda mattina per arrivare a Ijen che è già buio e la temperatura esterna è scesa di nuovo sotto i 10 gradi.
L’autista ci da appuntamento per mezzanotte e mezza e ci indica la casa dove saremo ospiti per questa notte.
In realtà noi avevamo pagato una camera matrimoniale in un modestissimo hotel, ma come già successo al Bromo anche qui siamo in overbooking (a questo punto la coincidenza sa di truffa) e quindi veniamo sistemati a casa di una persona gentilissima che ha “sfrattato” moglie e figlio per farci dormire nelle loro camere da letto.
Io mi ritengo una persona con un alto livello di adattamento e se avessi saputo prima di questa cosa l’avrei presa sicuramente meglio, ma all’improvviso, dopo aver dormito 3 ore la sera prima e dopo il lungo e scomodo viaggio devo ammettere che non è stata per niente una bella sorpresa. Naturalmente l'incazzatura dura poco, sono quelle esperienze di viaggio che fanno tanto "avventura", le prime che racconti agli amici quando torni a casa.
La mia estetista a distanza di mesi ancora ammira il mio "coraggio" per essere riuscita a fare una doccia nel "peggior bagno mai visto"
Dopo 2 ore e mezzo di "meritato" riposo siamo nuovamente in piedi pronti a raggiungere il vulcano Kawah Ijen.
E’ notte fonda, fa freddo e non capiamo esattamente quanto dobbiamo camminare. Seguiamo le luci delle torce insieme a molti altri turisti e man mano che si sale la strada si fa sempre più ripida e difficile. Ammetto che ho seriamente pensato di non farcela, in diversi punti Angelo mi ha letteralmente trascinata ma dopo circa due ore, stanca e provata, sono in cima.
Qui ho la brutta notizia – non siamo arrivati!!!
Ci siamo alzati così presto per poter ammirare il “blue fire” quindi dobbiamo scendere verso la bocca del cratere, ma prima la nostra guida ci fornisce le maschere antigas.
Il vulcano Ijen Kawah, che all’interno ospita uno spettacolare lago sulfureo, emette esalazioni di zolfo che rendono l'aria tossica e irrespirabile.
Man mano che si scende infatti i polmoni bruciano e gli occhi lacrimano, senza mascherine si fa realmente fatica a respirare.
I minatori che lavorano qui invece, sono costantemente immersi in questi gas tossici, senza nessuna protezione, costretti a spaccare lastre di zolfo a temperature infernali, e trasportarne circa 70 kg a spalla fino alla base del vulcano per due volte al giorno senza un compenso adeguato.
Anche se oggi tutto questo ha assunto un’aria più folcloristica (i turisti più audaci possono provare a sollevare - senza successo - i cesti carichi di zolfo o acquistarne le gemme in cambio di qualche rupia) non possiamo dimenticare che queste persone lavorano in condizioni estreme, tutti i giorni da oltre quarantanni, non sono quindi una conseguenza del turismo.
Apro un piccola (e curiosa) parentesi. Ho letto che è stata la National Geographic a far scoprire al mondo la particolarità del vulcano Ijen. Si dice che dopo la pubblicazione delle spettacolari foto di Olivier Grunewald al "blue fire" l'afflusso dei turisti da queste parti sia notevolmente aumentato.
Lo straordinario fenomeno delle fiamme blu (erroneamente molti parlano di lava) è un evento naturale che si manifesta per tutto il giorno, ma solo di notte riesce ad essere visibile.
Ai nostri occhi sembra quasi magia ma in realtà il mistero è presto svelato. Il gas che fuoriesce dalle fenditure del vulcano a contatto con l’aria brucia formando fiamme di colore blu elettrico che si ergono fino a 4 metri in altezza.
Scienza a parte, lo spettacolo vale assolutamente tutta la fatica fatta.
Dopo ore di buio lentamente la luce del giorno svela tutta la strada percorsa fin qui, illumina il giallo delle pareti del vulcano e il lago turchese al centro del cratere. Finalmente possiamo ammirare Ijen in tutto il suo splendore, peccato solo che la presenza di nuvole non permetta di godere di un’alba che sicuramente sarebbe stata la ciliegina sulla torta!!!
La discesa richiede la metà del tempo. Verso le 9 del mattino siamo già in viaggio. Ci vorranno due ore per arrivare a Ketapang , dove ci attende il traghetto che ci permetterà di entrare - dopo 12 anni - nuovamente a Bali.
Una traversata carica di ansie, aspettative ed emozioni ... ma questa è un'altra storia.