Il nostro ingresso in Laos è avvenuto da sud, abbiamo fatto una tappa brevissima in Cambogia, neanche due giorni pieni, per vedere lo strepitoso sito di Angkor Wat che, inutile dirlo, ci ha lasciati senza parole. Come dicevo io e il mio compagno siamo entrati in Laos dal sud del paese, partendo da Siem Reap, base di appoggio per Angkor Wat, e abbiamo deciso di viaggiare direttamente verso le 4000 Isole, il famoso Si Pha Don sul Mekong. Successivamente abbiamo proseguito verso nord, andando a toccare prima la capitale, Vientiane, e poi la bellissima Luang Prabang, per tornare in ultimo in Thailandia, paese di partenza.
Questo racconto è dedicato alla parte centrale del viaggio, il Laos. Andiamo però per gradi perché il viaggio, anche solo per il passaggio dalla Cambogia al Laos, non è così semplice, o meglio, si articola in diverse fasi. La durata del tragitto tra i due paesi confinanti infatti può variare dalle 12 alle 16 ore. Per questo, e data anche la tipologia del nostro viaggio che ha toccato 3 paesi, abbiamo scelto di percorrere questa tratta per mezzo di una compagnia privata la AVT (Asia Van Transfer) che, anche se più costosa (circa 13 $ a testa), è più organizzata e ha tempi di percorrenza dimezzati. Attraverso una nuova strada, con i vari cambi di vettura e il trasporto sul fiume, abbiamo attraversato il confine e raggiunto il Si Pha Don in circa 8 ore, comprensive anche di mezz’ora per la pausa pranzo e un’altra sosta precedente. Ma ecco qui tutti i dettagli
8 AGOSTO - DA SIEM REAP ALLE 4000 ISOLE, IL PASSAGGIO DALLA CAMBOGIA AL LAOS
L’8 agosto si parte alle ore 8:00 da Siem Reap, prelevati in guesthouse dalla stessa agenzia alle 7.30. Dopo un paio di ore la prima sosta in uno dei rarissimi distributori che s’incontrano lungo la strada e poi, dopo altre due ore circa, la seconda per il pranzo a Stung Treng, piccola città di snodo poco prima del confine. Dopo la pausa pranzo cambiamo mezzo e passiamo su un altro minivan con il quale, dopo circa un’ora, arriveremo alla frontiera con il Laos. Questo ultimo pezzo di strada non è lunghissimo ma le condizioni non proprio ottimali rallentano molto il viaggio costringendo, in alcuni tratti, ad una andatura a zig zag per evitare le buche. Lungo il percorso ogni tanto qualche instabile palafitta in legno con dei banani intorno e dei grossi recipienti per la raccolta dell’acqua piovana. Mano a mano che ci avviciniamo al confine, il verde ai lati della strada si fa sempre più intenso e sconfinato. Un verde che pensavo ineguagliabile ma non è e non sarà così! Arrivati alla frontiera il minivan ci lascia. Davanti a noi il nulla. Una sbarra con una casupola di legno sulla sinistra, una dozzina di mucche in mezzo alla strada e, in lontananza, un altro edificio più grande e bianco: la nostra porta di accesso in Laos.
A questo punto paghiamo prima 2$ a testa nella casupola in legno, si tratta delle spese amministrative per poter lasciare la Cambogia. Subito dopo percorriamo, accompagnati solennemente dalle mucche, il breve tratto per arrivare alla frontiera laotiana. Qui paghiamo di nuovo 2 $ ciascuno, questa volta per due timbri che si sommeranno al costo del visto. Quest’ultimo varia a seconda della nazione ed è pari, nel nostro caso, a 35 dollari a testa. Ricapitolando, la spesa totale per passare dalla Cambogia al Laos è di 39 dollari ciascuno per le sole formalità. Passata la frontiera ancora un van della AVT è pronto ad accompagnarci al molo dal quale raggiungeremo le 4000 isole. Dopo una mezz’ora circa in van raggiungiamo quindi Ban Nagasang e da qui, dopo un breve tratto a piedi ci imbarchiamo per le isole. Quindici minuti di navigazione lungo il Mekong e giungiamo alla meta, il navigatore accosta ad un molo, che altro non è che una passerella instabile fatta da semplici latte galleggianti tenute insieme tra loro alla meno peggio, e finalmente sbarchiamo a Don Det.
Il villaggio è veramente piccolo e dovrebbe già farci capire quali siano le dimensioni dell’isola. Appena sbarcati cerchiamo il nostro alloggio, dovrebbe essere due km più a sud, si tratta della Mr Tho’s Guest House, dalla parte opposta al molo. Ci incamminiamo in direzione sud, attraversando quello che è il centro abitato dell’isola. Una lunga via, a tratti in terra, a tratti in grezzo cemento bianco, lungo la quale si trovano abitazioni e piccoli e sporadici negozi sulla destra. Sulla sinistra è invece pieno di guest house e locali con palafitte e verande lungo tutto il corso del fiume. Ovviamente l’isola è piena di agenzie di cambio e di tour che organizzano escursioni e transfer verso le città più vicine. A tal proposito è consigliabile cambiare i contanti sulla terraferma perché sull’isola il tasso di cambio non è per nulla favorevole al turista, come è naturale che sia in questi casi. Dopo circa 15 minuti a piedi raggiungiamo quello che era il vecchio nucleo del villaggio e la nostra guest house. Anche Mr Tho ha realizzato la sua terrazza sul fiume e, dalla parte opposta, in un edificio più recente e costruito in cemento, le nostre stanze. Prendiamo possesso della nostra camera dopo un rapido intervento di Mr Tho a causa di un’invasione di formiche ed usciamo immediatamente per curiosare un po’ nei dintorni. Non è tardissimo ma inizia a scurire molto presto e sull’isola non c’è molta illuminazione quindi riusciamo a vedere ben poco ma non abbiamo nemmeno il tempo di rattristarci per questo che il Mekong ci regala il nostro primo tramonto sul fiume.
Pensavamo di non aver visto niente e invece questo spettacolo ci lascia senza parola e rimaniamo a godercelo in religioso silenzio. A questo punto ci dirigiamo di nuovo verso il molo e, prima di andare a dormire, ci concediamo un buonissimo barbeque in un localino niente male lungo il fiume. Il posto è gestito da un socievole ragazzone americano ormai assorbito dal luogo. Lavora in questo locale con la moglie, laotiana, ed un altro amico americano. Il cibo è semplice ma buonissimo e le nostre fresche Laobeer lo accompagnano alla perfezione. Chiudiamo questa lunghissima giornata così, sorseggiando buona birra e pianificando il giorno che verrà.
9 AGOSTO
La mattina ci svegliamo abbastanza presto e dopo una semplice ma ricca colazione (non inclusa nei 15 dollari della camera) cucinata direttamente da Mr Tho, vero factotum, noleggiamo due biciclette per 20.000 kip ognuna con l’obbligo di riconsegna alle ore 20.00. Ci avviamo e abbiamo così un primo assaggio di quella che è l’esistenza sull’isola. Pacata, lenta e senza tempo, la vita è così morbida e impalpabile che l’unica cosa tangibile è lo scorrere del Mekong in sottofondo. Ci spingiamo ancora più a sud rispetto alla nostra guest house per raggiungere il margine dell’isola di Don Det ed arrivare poi anche a Don Khon (da non confondere con Don Khong, con la “g” finale, isola più grande delle tre che si trova però a nord e che, su coniglio di Mr Tho, non abbiamo visitato perché non molto interessante e ricca prevalentemente di guest house più costose e di lusso). Le strade che partono dal villaggio sono due, noi ci avviamo per quella di destra, una striscia bianca sterrata. Dopo pochissimo ci ritroviamo completamente circondati dal verde. A destra e sinistra il colore brillante delle infinite risaie che la sera prima abbiamo soltanto scorto appena. Piccoli e piccoli campetti, uno accanto all’altro, a perdita d’occhio. Sullo sfondo altro verde, in tonalità differenti e infinite.
Tra piantagioni e foresta non si intravede dove finisca questa immensa distesa di un unico colore declinato in tutte le sue sfumature. Proseguiamo in bicicletta incontrando qualche mucca qua e la a pascolare e dei contadini, piedi nell’acqua e schiena ricurva sul riso. Andando avanti arriviamo ad un primo bivio e qui veniamo colti in pieno da un acquazzone improvviso, quasi scontato per la stagione. Ci rifugiamo quindi sotto la tettoia che ospita i resti delle vecchie locomotive francesi con le quali furono trasportati i materiali per edificare le prime infrastrutture sull’isola. Accanto alle locomotive alcuni pannelli ricordano la storia di quel periodo dettagliando anche la costruzione del ponte francese che collega Don Det con Don Khon. E proprio su questo ponte arriviamo una volta ripartiti dopo l’acquazzone. Siamo a mezza via tra le due isole. Sotto di noi scorre il Mekong che in questo tratto si è fatto leggermente più impetuoso. E’ impressionante vedere come il fiume circondi tutto. Anche le isole, quelle più grandi che riescono ad emergere dal fiume, sono nulla in confronto all’inarrestabile corso d’acqua. Ci fermiamo sul ponte per ammirare questo spettacolo della natura e scattare qualche foto. Giunti dall’altra parte, come sapevamo, è necessario pagare pedaggio per poter accedere all’isola di Don Khon. Dopo il ponte ci sono delle scale sul lato sinistro e, alla fine delle scale, in un piccolo chiosco paghiamo la tassa di 35.000 kip. E’ necessario conservare il biglietto, darà accesso alle cascate, al parco circostante e al ponte per il ritorno. Ancora una mezz’ora in bici ed un’altra svolta a destra e ci dirigiamo verso Tat Somphamit, o più comunemente cascate Li Phi. Strada facendo il paesaggio è parecchio mutato, non ci sono più risaie e coltivazioni ma la foresta si è fatta più fitta e selvaggia. Ancora 15 minuti e possiamo lasciare le nostre biciclette per proseguire a piedi. Entriamo quindi nel parco delle cascate Li Phi, un terreno sabbioso e umido solcato da tanti piccoli ruscelli che arrivano dal grande Mekong.
Diversi i ponticelli in legno costruiti per attraversare il parco e raggiungere cascate e spiaggia. Intorno tanti, tantissimi bambù vicini gli uni agli altri a formare piccoli archi con le loro fronde.
Camminiamo ancora e intanto il rumore delle cascate inizia a farsi sentire. Arriviamo quindi al primo punto di osservazione, quello in cui il Mekong si fa veramente impetuoso e le acque, in uno scorrere perpetuo, si riversano dal livello superiore a quello inferiore della cascata ripiegandosi su se stesse con violenza. La sensazione che si ha qui è totalmente opposta a quella di quiete che si ha nel resto dell’isola.
Rimaniamo a guardare per un bel po’, sullo sfondo anche un vecchio mulino in legno che rende lo spettacolo ancor più suggestivo. Procediamo ancora costeggiando il fiume in direzione della spiaggia. Sicuramente qui non troveremo nessuno a fare il bagno o almeno nessun laotiano visto che il nome Li Phi significa “trappola degli spiriti” e per i locali in queste acque risiedono tutti gli spiriti cattivi degli essere viventi che sono scesi lungo il fiume. Noi, pur non essendo laotiani, ci accontentiamo comunque di stare a guardare senza entrare in acqua, anche perché la corrente è fortissima. Dopo tanto pedalare e camminare ci dirigiamo verso la cosiddetta Spiaggia dove troviamo anche una sorta di locale ristoro e tante terrazze in legno sul fiume. A questo punto decidiamo di rilassarci sorseggiando birra su comodissime amache.
Neanche a dirlo la parte migliore di tutto questo è la componente “vista Mekong”. Trascorso il momento relax ci dirigiamo verso l’ingresso del parco e riprendiamo la via del ritorno con le nostre biciclette. Pedalando con molta calma ripercorriamo la strada a ritroso godendoci di nuovo il panorama e fiancheggiando di nuovo le innumerevoli risaie. Pur avendole viste poche ore prima ci stupiscono un’altra volta. Arriviamo di nuovo al villaggio, è pomeriggio e cerchiamo di vedere se ci sia dell’altro nella parte nord ovest. La risposta arriva presto, per percorrere tutto il percorribile nel centro abitato ci vuole ben poco. E allora che fare? Niente di niente se non quello che tutti consigliano di fare nelle 4000 isole: quiete e relax. Ancora. Ci fermiamo in un'altra guest house con la sua terrazza sul fiume, una bibita fresca, un buon libro e una connessione che, seppur ballerina, basta per continuare a pianificare il nostro viaggio. E piano piano arriva l’ora del nostro appuntamento: ancora un tramonto sul fiume.
10 AGOSTO
Di nuovo ci svegliamo abbastanza presto e di nuovo noleggiamo le nostre biciclette. La meta di oggi è nella zona sud- est, più vicina e con ritorno entro le 11.30 per lasciare l’isola in direzione di Pakse. Siamo diretti in uno dei punti in cui il Mekong arriva placido con un’ansa sinuosa a formare una lingua sottile di spiaggia. Qui di bambini a fare il bagno e tuffarsi ce ne sono molti. Quasi non sembra lo stesso fiume di ieri. Non solo per la calma delle acque ma anche per il colore che si è fatto più bruno, caldo, intenso.
Gironzoliamo un po’ qui intorno, tra bambini che giocano e barche sulla riva. Ancora una passeggiata e poi siamo di nuovo in sella alle nostre biciclette per tornare alla guest house. Solo ora ci rendiamo conto che un altro giorno di relax su queste isole forse sarebbe stato l’ideale. La stagione molto piovosa, la scarsa possibilità di avvistamento delle specie del posto e la nostra tabella di marcia dal ritmo serrato ci hanno fatto optare per altre soluzioni ma saremmo rimasti almeno un altro giorno qui, molto volentieri. Prendiamo gli zaini, un ultimo pasto cucinato ma Mr Tho e poi la barca arriva a prelevarci. Tra 20 minuti saremo di nuovo a Ban Nagasang, ci godiamo quindi gli ultimi momenti di navigazione, voltandoci di tanto in tanto a guardare l’isola che si fa sempre più piccola, sempre più lontana ed inizia ad essere già uno dei ricordi più belli di questo viaggio. Attracchiamo al molo, circa 500 mt a piedi e siamo alla stazione. Qui saliamo sul bus che ci porterà a Pakse. Di certo non è appena immatricolato, è rumoroso e con una convergenza un po’ particolare, se così si può dire, ma a volte in Italia non va di certo meglio! Dai vari diari e forum mi aspettavo una situazione al limite del sopportabile invece la nostra “diligenza” ha anche l’aria condizionata, quindi saliamo, ci accomodiamo e si parte. Come da indicazioni di Mr Tho (abbiamo preso il biglietto Don Det – Ban Nagasang - Pakse – Vientiane direttamente da lui) alle 15.00 arriviamo a Pakse. Qui non ci sono grandi attrazioni da vedere, si tratta di una città che funge da nodo di scambio per le altre località del paese. Quindi ci armiamo di pazienza e trascorriamo le 4 ore che ci separano dallo sleeping bus per Vientiane gironzolando, poi sedendoci in un locale e facendo due chiacchiere con altri backpackers, alcuni diretti in Thailandia altri in Vietnam. Alle19.00 siamo presso l’agenzia in cui siamo arrivati 4 ore prima, qui un tuk tuk ci preleva e ci accompagna alla stazione. Ancora un decina di minuti di attesa e il nostro sleeping bus arriva. Pieno di luci e lucette anche questo bus non è nuovissimo ma l’interno sembra essere migliore di tutte le descrizioni lette. Le dimensioni della cuccetta per due persone possono essere paragonabili a quelle di un letto ad una piazza e mezza, un po’ ristretto.
Il materasso è abbastanza sottile e gli scricchiolii sono parecchi. Il sonno a bordo non sarà dei migliori ma per i nostri standard può anche andar bene. Due chiacchiere, qualche stuzzichino per il viaggio e poi proviamo a dormire. Le soste per far salire e scendere persone durante la notte sono parecchie e non passano certo inosservate anche se si cerca di dormire. Alle prime luci dell’alba, verso le 4, apro gli occhi per la prima volta. Il corridoio del bus che alla stazione era completamente sgombero ora è pieno di persone, chi in piedi, chi seduto in terra con la testa penzoloni, tante persone sono salite lungo il tragitto.
11 AGOSTO - L’ARRIVO A VIENTIANE: DUE GIORNI TRA CAPITALE E DINTORNI
Siamo ancora sullo sleeping bus, dopo essermi riaddormentata, apro gli occhi di nuovo alle 7.45 e poco dopo siamo in stazione. Da qui con un tuk tuk collettivo ci spostiamo in centro città e, non avendo prenotato una stanza, ci mettiamo alla ricerca. Alla fine decidiamo per la Hayasoke Guest House (19.00 $ a notte), confortevole, ben curata e molto pulita. Il prezzo non è bassissimo ma inferiore a quello medio nella zona. Il ragazzo alla reception è molto cortese e parla un buon inglese quindi ci da diverse informazioni utili. La stanza non è ancora pronta quindi lasciamo i bagagli e ci dirigiamo, data l’ora, presso quella che è ritenuta la miglior pasticceria della città: Le Banneton, che a dire il vero merita pienamente la sua fama. Due Croissant chocolat e coconuts, del succo di frutta fresco e siamo pronti per l’itinerario in bicicletta proposto dalla Planet. Rispetto alle isole l’aria di città è molto più pesante e le temperature molto più alte ma questo non ci impedisce di andarcene a curiosare in giro. L’itinerario proposto dalla Planet prende il via proprio dal Le Banneton, le biciclette le abbiamo noleggiate nel negozio accanto. Da qui ci dirigiamo verso il Nam Phu, la mappa é molto semplice da seguire e le indicazioni per strada non mancano. Iniziamo a costeggiare il palazzo presidenziale. Si tratta di un enorme e curatissimo edificio, in stile Beaux-Arts, con altrettanto grande piazzale e parco antistanti. Ci fermiamo di fronte agli altissimi cancelli color nero e oro. L’accesso è vietato al pubblico quindi ci dirigiamo verso il tempio in cui sono custodite le migliaia di statue raffiguranti ili Buddha. Il tempio è molto caratteristico e le statue sono tantissime, di diverse misure, fattezze e colori. In questo antico edificio, il Wat Si Saket, gli effetti del tempo sono fin troppo evidenti. Continuando il nostro itinerario incontriamo poi il Museo Nazionale di Arte Sacra, l’Ambasciata Francese circondata da altissime mura e l’unica chiesa cattolica presente in città. Da qui, proseguendo in direzione nord-ovest, arriviamo al più grande mercato della capitale,. Il Talat Sao nella zona alimentare è un trionfo di colori. Tanti i prodotti visti qui che non ci è mai capitato di vedere altrove. Gironzoliamo per un po’ tra i banchi del mercato, alcune signore ci guardano sorridenti e una ci propone di assaggiare del litchi, molto buono e dolcissimo e del mangostano, ancora più dolce del primo. Ci riposiamo continuando a girare ancora un po’ nel mercato, ora fa veramente caldo, il sole è a picco e lo smog veramente opprimente. Dopo aver mangiato qualcosa dall’altro lato della strada, un pasto veloce, spiedini di carne e una sorta di pad thai di verdure, riprendiamo le biciclette e ci mettiamo in marcia verso il Patuxai, monumento ispirato all’ Arco di Triofo, anche se dall’effetto ben diverso. Più che dal suo esterno il monumento è interessante dall’interno. Salendo in cima è possibile godere di una vista della città a 360 gradi. Pur essendo una grande città Vientiane ha comunque un’aria molto placida. Non è certo come le isole del Mekong ma anche qui si respira calma e rilassatezza. Ci godiamo un po’ il panorama dall’alto, poi scendiamo di nuovo su una delle principali vie di Vientiane. Adesso andare in bicicletta in mezzo al traffico, nell’ora di punta, si fa più complicato e meno salutare. Per questo motivo decidiamo di allontanarci dal centro della città e di fare una pedalata sul lungo Mekong. Per tutta la lunghezza della città il fiume è costeggiato da una pista ciclabile e, accanto, nel parco cittadino, si tiene il mercato serale. Riportiamo le biciclette al noleggio e torniamo in questa zona vivace per cenare. Mangiamo una tipica zuppa di pollo con noodles, molto buona, la serata trascorre tranquilla e per noi non può mancare una fresca e gustosa beerlao.
12 AGOSTO
Ancora una mezza giornata per noi nella capitale laotiana. Oggi niente bicicletta, noleggiamo per qualche ora uno scooter e ci dirigiamo leggermente fuori città, in direzione nord est. L’ultima meta prima di lasciare Vientiane è il Pha That Luang, ma solo dopo una seconda ottima colazione presso Le Banneton. Per raggiungere il Pha That Luang, la grande stupa d’oro, ci vogliono circa 20 minuti. Si trova nella parte alta della città , poco caotica e dall’aria ancor più rilassata rispetto al centro. L’ingresso al monumento nazionale più importante della città costa 5000 kip. Il grande tempio dorato, pur molto semplice nella sua architettura, è di grande impatto. L’ effetto è amplificato dal contrasto dell’oro con il verde intenso del prato circostante e con il rosso acceso dei fiori intorno. Si può percorrere l’intero perimetro della struttura camminando lungo il chiostro che la circonda. Edificio centrale e chiostro sono, a loro volta, circondati da alte mura che rendono la struttura ancor più imponente. Un’antica leggenda narra come proprio in questo tempio sia custodito un frammento osseo del Buddha, per questo l’edificio è così importante ed emblematico.
Nell’edificio adiacente il pha That Luang è possibile inoltre vedere una statua raffigurante un Buddha sdraiato, anche questa ricoperta d’oro e di notevoli dimensioni.
Questo complesso è molto bello, il fatto che non ci siano molti turisti infatti ci stupisce un po' ma comunque meglio per noi che possiamo godercelo in piena tranquillità. Continuiamo a girare con calma tra le varie sezioni del complesso e tra i vari dettagli che lo caratterizzano fino all’ora di pranzo e, dopo un veloce pad thai, ce ne torniamo in città. Prima di intraprendere un altro viaggio in sleeping bus ci concediamo un ultimo pomeriggio ad assaporare i ritmi di Vientiane, sonnolenta e tranquilla, con i suoi viali alberati. Seduti ad uno dei tanti locali lungo la strada ci gustiamo un ultimo aperitivo accompagnato dalla solita beerlao prima di tornare in hotel a recuperare i bagagli e dirigerci verso la stazione per il nostro sleeping bus.
13 AGOSTO - DA VIENTIANE A LUANG PRABANG, LA MITE CITTA’ CUSTODITA DA NUVOLE E MONTAGNE
Come il precedente anche questo sleeping bus è pieno di mille lucine colorate anche se più nuovo rispetto all’altro. Dopo qualche inconveniente per trovare i posti a noi assegnati ci accomodiamo e si parte verso il nord, diretti a Luang Prabang. Apro gli occhi nel tratto finale del nostro viaggio. Lo sleeping bus viaggia ancora nella quiete più totale, la maggior parta dei passeggeri dorme ancora. Attraverso il vetro appannato, man mano che i tornanti si snodano uno dopo l’altro, inizio ad intravederla. Adagiata tra le montagne, ancora avvolta tra le nuvole del mattino e con qualche comignolo fumante, laggiù, in fondo alla strada, c’è Luang Prabang. Arriviamo alla stazione verso le 10.30, scendiamo e prendiamo e a piedi ci dirigiamo verso il centro città per poi andare nella guest house che abbiamo già prenotato. Sarà perché l’altitudine è aumentata ma dopo un po' inizia a fare molto caldo e il sole picchia veramente forte.
La Symoungkoun guesthouse si trova proprio lungo th Sakkarin, la via lungo la quale all’alba si tiene il Tak Bat, la tradizionale cerimonia delle elemosine. Lasciati i bagagli e fatta una doccia ci dirigiamo di nuovo verso il centro vecchia per mangiare un boccone e fare un giro prendendo le misure alla città. Scegliamo la strada che costeggia il Mekong. Tutto sembra molto tranquillo, quasi come fossimo tornati sulle isole. Cerchiamo quindi di capire cosa sia meglio fare nei giorni a seguire visto che questa giornata di arrivo abbiamo deciso di passarla a passeggiare tranquillamente, senza programmi precisi, solo rubando il più possibile con gli occhi. Proprio rientrando dalla strada che costeggia il Mekong ci troviamo di fronte la scalinata d’ingresso al Wat Xieng Thong, tempio buddista architettonicamente più elaborato rispetto a quelli visti fino ad ora, con le caratteristiche falde del tetto che arrivano quasi in terra.
Al suo interno c’è una luce molto particolare, rossastra e molto suggestiva. Nella facciata posteriore è presente inoltre un grande dipinto raffigurante l’albero della vita che si snoda, con i suoi semplici tratti, lungo l’intera parete. Girare a piedi scalzi per questo piazzale reso caldo dal sole, tra il tempio e gli alberi secolari che lo circondano, è una sensazione che ricorderò per molto tempo.
Continuiamo il nostro giro e per cena ci immergiamo nella zona del mercato dove ce n’è per tutti i gusti. Viottoli in cui su lunghi tavoli di legno sono allestiti cibi di ogni genere, alcuni mai visti.
Assaggiamo un po' di tutto e la serata trascorre mangiando e passeggiando per il centro. Questa sera si va a letto presto perché domani c’è il Tak Bat.
14 AGOSTO
Sarà un po' per l’emozione di vedere il Tak Bat, un po' perché ho il sonno leggero ma apro gli occhi e salto sul letto appena sento le prime voci venire dai templi. Alle quattro di notte le prime litanie dei monaci iniziano a farsi sentire. Un suono profondo, un misto di preghiere e canti scandito dal ritmo cadenzato di tamburi. Questo lento sillabare pian piano inizia a diventare familiare. Ci alziamo, il mio compagno sicuramente meno entusiasta di me, e andiamo in strada quando è ancora tutto buio. Ci posizioniamo sul ciglio in attesa che arrivi la processione e mano a mano il cielo inizia a schiarirsi. Da lontano le prime figure vestite di arancione iniziano ad arrivare con le loro ciotole nelle quali raccolgono il cibo offerto dalle persone lungo tutto il loro percorso. Mentre il sole inizia a salire questo lungo serpentone color arancio continua a sfilare. Sembra non avere mai fine.
L’atmosfera è suggestiva anche se potrebbe esserlo ancora di più senza l’invadenza di alcuni turisti che sembrano non curarsi del significato di questa cerimonia pur di fare foto “esclusive”. Rimaniamo a contemplare lo spettacolo per parecchio tempo, finché anche l’ultimo monaco non sparisce all’orizzonte e, felici ed estasiati per aver assistito a questa tradizione che dura da centinaia di anni, ci dirigiamo verso il centro cittadino Facciamo rotta verso la collina del Phu Si, il punto più alto a nord della città a cui si accede attraverso scalinate che, guardate dal basso, sembrano infinite. Gradino dopo gradino lo spettacolo si fa sempre più avvincente e dall’alto c’è una vista a 360 gradi sull’intera città fino alle periferie attraversate per intero dal Mekong che dall’alto sembra ancora più imponente. Dopo questa grande fatica, anche se intermezzata da diverse soste, decidiamo di rimanere in cima a goderci questo spettacolare panorama. La vista è veramente da mozzare il fiato.
Scendendo per tornare alla città ce la prendiamo molto comoda e, anche un po' provati dall’impresa, la serata scorre tranquilla tra i vicoli dove ceniamo anche questa sera, ed il mercato dell’artigianato, ricco di prodotti unici e dei sorrisi miti e quasi timidi dei venditori che accolgono i turisti ripetendo il saluto “saibai dee”.
15 AGOSTO
Questo è il nostro ultimo giorno a Luang Prabang e lo dedichiamo alla visita tanto attesa delle cascate Tat Kuang Si. Sono fuori città, a circa 40 km a sud ovest, e decidiamo di raggiungerle noleggiando uno scooter. Il viaggio dura circa un’oretta ma è molto piacevole visto che si snoda per tornanti e paesini immersi nel verde. Nella prima zona del parco, subito dopo l’ingresso, c’è una piccola riserva in cui vive una colonia di orsi, pigri e rilassati tra gli alberi secolari che li circondano. Superando il primi ponti di legno che attraversano il parco si inizia a salire e pian piano, tra la vegetazione, iniziamo ad intravedere la prima cascata di acqua dall’inconfondibile colore azzurro.
Oggi il tempo non ci assiste ma eravamo preparati a questa eventualità visto che siamo nella stagione delle piogge quindi, anche se inizia a diluviare, continuiamo il nostro percorso. Diversi livelli, con diverse cascate e piscine di questo azzurro, credo unico al mondo, ci accompagnano alla parte centrale dove si trova la cascata più importante del parco. Neanche a dirlo è stupenda.
Godiamo appieno di questo spettacolo naturale, per la bellezza del parco ma anche per la consapevolezza che è l’ultima nostra tappa in Laos. Una terra semplice, una popolazione mite e tradizioni antiche e radicate per le quali le persone del posto nutrono un profondo senso di rispetto. Pochi elementi che sin dal primo giorno ci hanno fatto sentire a nostro agio in questo paese. Il ricordo di questi luoghi ancora incontaminati, sono sicura, rimarrà indelebile nella mia memoria per molto tempo e, così come il ricordo, la sensazione che quando parole e pensieri non servono poi a molto, non rimane che lasciarsi sopraffare dalla semplice bellezza del mondo.